L'inizio fu un momento di "disperazione", quando era palpabile il disagio di continuare un discorso sui limiti talmente indigesto per gli studenti, che se ne erano completamente estraniati. Così decisi di provare a smuovere l'interesse con un problema attinente un oggetto che vidi su un armadio: era una scatoletta ottenuta piegando un foglio di carta, adibita a contenere i bigliettini con i nomi da estrarre per le interrogazioni. Colsi l'occasione per proporre un classico problema:
da un rettangolo di carta piegando i bordi ottenere il contenitore di volume massimo.
Partimmo da un foglio reale, lato 21 cm. x 29 cm., e
cercammo di impostare il problema.
Chiamando x l'altezza della scatola e
V il
volume, trovammo la funzione:
`V(x)=x*(21-2x)*(29-2x)`
da rendere massima.
Si tratta di un problema non adatto all'algebra, nel senso che non è immediato tradurlo in un'equazione, non essendoci due cose che devono diventare uguali.
Questo non significa che non ci siano mezzi per affrontarlo, almeno in modo approssimato.
Quella volta cominciammo con l'aiuto della grafica (perché era la cosa meno impegnativa per i miei studenti), più o meno come si vede qui sotto:
NOTA: in origine qui c'erano due applet java interattive, in cui le figure si potevano muovere nello spazio e i valori di x si potevano variare mediante un cursore. Erano state costruite in modo facile usando l'applet programmabile DESCARTES prodotta in Spagna e largamente utilizzata nelle scuole di quel paese: infatti con essa furono costruite centinaia di unità didattiche interattive di matematica e fisica, che a volte ho mostrato anche nelle mie classi. Purtroppo l'ostracismo per java delle nuove versioni dei browser ha reso inutilizzabile quel patrimonio, e quindi anche le mie due applet, delle quali nelle figure sottostanti mostro solo due istantanee.
Tutto fa pensare che la soluzione ottimale sia 4. Però il metodo
grafico non dà la stessa certezza di una formula che, date
le dimensioni del foglio, consenta di determinare l'altezza ottimale.
Perciò, in marcia alla ricerca della formula !
Già dal corso di algebra gli studenti sapevano che bisogna
procedere per analisi, ponendo la tipica domanda:
"c'è un algoritmo per stabilire se un numero X dato è quello che produce il
valore massimo?".
Come in altre situazioni analoghe, fu utile qualche caso specifico della domanda. Per esempio:
"come si fa a stabilire, col calcolo, che 2 non è il numero cercato?"
Risposta facile: "perché 3 dà un valore più grande"
Obiezione: "però 7 dà un valore più piccolo; perché allora 3?"
Questo comincia a generare una piccola discussione, che all'inizio sembra un po' pretestuosa, ma si fa più intricata man mano che si passa a numeri migliori, perché ci si accorge che bisogna ricorrere a spostamenti sempre più piccoli per trovare risultati migliori.
La conclusione a cui giungemmo, osservando il grafico, fu pressappoco questa:
" per sapere se X fornisce il valore massimo basta stabilire se i numeri
molto vicini a X danno tutti risultati minori di quello di X " .
Il vero problema che gli studenti cominciarono a cogliere è stabilire il
significato di molto vicini e di tutti.
Soprattutto nuovo è il tutti, che marca la
differenza con i problemi di algebra, in cui il confronto è sempre con un solo
numero: si capisce che stiamo per uscire da un ambiente noto, per finire dove?
Come in circostanze analoghe, al tutti
si arriva sostituendo il numero particolare con una lettera per ragionare in
generale.Quindi decidemmo di sostituire lo spostamento da X con una lettera, che
chiamammo z (perché gli spostamenti piccoli sono per lo più zero
virgola ...), e
impostammo l'algoritmo per controllare se X dà un massimo:
"X dà un massimo se V(X+z) fornisce valori minori
di V(X) per tutti i valori di z vicini a zero" .
Quindi bisognava calcolare
V(X+z) e tenere a mente che z è un
numero molto vicino a zero. Il calcolo era immediato:
V (X + z)
= (X + z) (21 − 2 (X + z)) (29 − 2 (X + z))
= 4 X 3 + 12 X 2 z − 100 X 2 + 12 X z 2 − 200 X z + 609 X + 4 z 3 − 100 z 2 + 609 z
però era arduo trarne qualche conclusione al variare di z.
La svolta consistette nel riscrivere il risultato
raggruppando
le potenze di z:
V (X + z)
= (4 X 3 − 100 X 2 + 609 X) + z (12 X 2 − 200 X + 609) + z 2 (12 X − 100) + 4 z 3
ossia
V (X + z) =
+ z (12 X 2 − 200 X + 609) + z 2 (12 X − 100) + 4 z 3
V (X)
Su questa cominciammo a fare dei ragionamenti, cercando di capire se 4 fosse
realmente il massimo. Sostituendo, ottenemmo:
= 1092 + z − 52 z 2 + 4 z 3
V (4 + z)
e ci chiedemmo se per qualche valore (piccolo) di z
questa espressione potesse valere più di 1092.
I miei studenti iniziarono a
provare con z=1, z=0.5, z=0.1 e sembrava che non fosse possibile, però uno trovò
che 0.01 funzionava e pian piano tutti poterono sperimentare che tutti i valori
minori di 0.01 (in valore assoluto) andavano bene.
Si cercò quindi di capire
come mai.
Così si notò che le potenze dei numeri molto vicini a 0 decrescono
rapidamente e riescono a rendere molto piccolo qualsiasi prodotto in cui siano
coinvolte, cosicché il segno dell'espressione
z − 52 z 2 + 4 z 3
resta fissato dal primo termine
z per valori di z abbastanza vicini
a zero.
Se ne concluse che
il termine capace di stabilire se siamo
arrivati al massimo è quello di primo grado in z.
Fin che esso è presente, non ci può essere un massimo (o un minimo), perché ha
segno diverso dalle due parti del punto in esame.
Tutto
andrebbe a posto se quel termine non ci fosse. Allora comanderebbe quello
con z2 , e avremmo un massimo (o un minimo)
perché esso ha lo stesso segno dalle due parti del punto in esame.
Da qui la strategia per trovare il numero cercato:
rendere nullo il coefficiente di z, ossia risolvere l'equazione:
12 X 2 − 200 X + 609 = 0
Il risultato curioso è che con questo giro siamo ritornati nel mondo familiare dell'algebra, riuscendo ad esprimere il problema con un'equazione.
L'equazione ha due soluzioni:
`X_1=25/3-sqrt(673)/6=4.009626076`
e
`X_2=25/3+sqrt(673)/6=12.65704059`
di cui la prima è quella che ci interessa.
Sostituendola nella formula si
ottiene:
= 1092.004811 − 51.88448708 z 2 + 4 z 3
V (4.009626076 + z)
da cui si vede che è impossibile migliorare il valore
1092.004811 con valori (piccoli) di z, perché il termine correttivo principale
(in
z 2
) è sempre negativo.
Abbiamo quindi trovato una strategia per ricondurre i problemi
di massimo e minimo al trattamento mediante l'algebra, riassumibile in questo
modo:
"data la funzione f(x), per trovare i valori X che la
rendono massima o minima (localmente) basta sviluppare f(X+z) secondo le potenze
di z, e risolvere l'equazione che si ottiene annullando il coefficiente del
termine lineare in z"
Muniti di questo algoritmo, ci dedicammo a trovare massimi e
minimi di funzioni razionali intere, anche per fare un po' di esercizio di
algebra.
Comparvero anche dei casi interessanti, che misero in luce la bontà
didattica del metodo.
Esempi:
Se
= (x − 2) 3
il coefficiente di z si annulla per X=2, però contemporaneamente si annulla
anche quello di
z 2
, ma non quello di
z 3
: chiaro che, siccome
z 3
cambia segno come z, non si ha né un massimo né un minimo.
f (x)
Se
= (x − 2) 4
si trovava che l'unico coefficiente non nullo era quello di
z 4
, però questo faceva capire chiaramente che si era in presenza di un minimo (perché
positivo).
f (x)
Avendo in mente la difficoltà incontrata gli anni precedenti a far capire perché bisognasse cercare la prima derivata non nulla e poi distinguere i vari casi per sapere se si aveva un massimo o un minimo, trovai che questo nuovo approccio rendeva la cosa più naturale ed intuitiva.
Domanda: avevamo forse trovato una via nuova per l'Analisi?